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Crisi di governo in Israele: nuove elezioni sullo sfondo

CSI BULLETTIN

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26 luglio 2022

A cura di Francesco Rojch

Il governo israeliano, guidato da Naftali Bennett, sembra essere giunto al capolinea dopo appena un anno dalla sua nascita. Bennet è diventato primo ministro dopo dodici governi di Benjamin Netanyahu e, a fine maggio, ha iniziato a perdere il suo slancio senza avere più la maggioranza in parlamento. È stato lo stesso primo ministro a dichiarare che una parte dei partiti che lo sostengono proporrà al parlamento, il Knesset, di sciogliersi e indire nuove elezioni.

La coalizione di Bennet ha una natura molto eterogenea: dal partito di estrema destra, Yamina, di cui il primo ministro ne è espressione, al partito di sinistra, Meretz, insieme ad alcuni partiti di centro e un partito moderato, Ra’am, che rappresenta gli arabo-israeliani. È proprio all’interno dell’ala parlamentare della sinistra che Bennet ha avvertito i primi malumori: la deputata di Meretz, Ghaida Rinawie Zoabi, ha detto infatti di non volere più sostenere la maggioranza in quanto negli ultimi mesi questa ha scelto di virare sempre più a destra. In particolare, la deputata ha denunciato azioni sempre più repressive del governo verso il popolo arabo-israeliano dal quale lei stessa proviene. La Zaobi ha fatto riferimento a due episodi: il primo è stato quando la polizia israeliana è entrata nella moschea di al Aqsa a Gerusalemme, causando numerosi scontri con i fedeli in preghiera; il secondo riguarda la morte di Shireen Abu Akleh, nota giornalista palestinese-americana di Al Jazeera, uccisa l’11 maggio 2022 in Cisgiordania mentre stava seguendo per lavoro un’operazione dell’esercito israeliano. Tuttavia, qualche giorno dopo il proprio dissenso, la Zaobi è rientrata nei ranghi della maggioranza, poiché lo scioglimento del Knesset comporterebbe nuove elezioni, le quinte in tre anni, e dalle urne potrebbe uscirne vincitore nuovamente l’ex primo ministro, Benjamin Netanyahu leader del partito sionista Likud, che si potrebbe alleare con Itamar Ben-Gvir e con Bezalel Smotrich cioè l’ultradestra che vuole espellere i palestinesi dal territorio israeliano.

Le elezioni rimangono uno scenario molto probabile, infatti le fragilità del governo di Naftali Bennet sono evidenziate da altre fratture interne alla maggioranza. Già ad aprile, la deputata dello stesso partito di Bennet, Idit Silman, era passata all’opposizione a causa di una vicenda che riguardava il cibo che si può consumare negli ospedali pubblici durante il periodo pasquale (la crisi del pane lievitato). Da allora, la maggioranza ha avuto gli stessi numeri dell’opposizione (60 deputati su 120). In ordine di tempo, l’ultima polemica riguarda una legge che da gran parte dell’arco parlamentare viene considerata ordinaria, ma dall’ala di sinistra arabo-israeliana viene percepita come una misura che legittima l’occupazione israeliana in Cisgiordania. Si tratta di una legge che, ogni cinque anni permette l’estensione della legislazione israeliana su gran parte delle colonie in Cisgiordania. Di conseguenza, Bennet ha capito subito che non avrebbe avuto la maggioranza per approvare la legge e ha rassegnato le dimissioni e proposto come suo successore Yair Lapid, ministro degli Esteri e leader del partito centrista Yesh Atid.

Lapid avrà il compito di traghettare il Paese fino alle elezioni in autunno dove parteciperà anche Benjamin Netanyahu, attualmente leader dell’opposizione. Netanyahu è tuttora uno dei politici più influenti e divisivi in Israele, nonostante sia sotto processo per truffa e corruzione. La maggioranza del governo Bennet rimaneva coesa grazie a sentimenti di ostilità, verso Netanyahu, come nel caso della Zaobi. Il New Yorker ha fatto notare che “i suoi vari leader provano un’antipatia per Netanyahu che è solo marginalmente superiore a quella che provano l’uno verso l’altro”.

Il governo Bennet a causa della sua litigiosità interna ha portato a casa poche vittorie, quella più rilevante è stata l’approvazione del Bilancio 2021, che ha sbloccato gli investimenti pubblici. Le continue tensioni tra i partiti della maggioranza non hanno concesso di portare avanti un piano di riforme più cospicuo, inoltre non è chiaro nemmeno come i partiti si collocheranno nella prossima campagna elettorale e queste condizioni rendono sempre più probabile il ritorno di Benjamin Netanyahu al potere: i sondaggi stimano che il suo partito potrebbe ottenere trentacinque seggi da solo, per formare la maggioranza al Knesset ne servono sessantuno.