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Prezzi in rialzo e riduzione delle forniture: la guerra in Ucraina danneggia la sicurezza alimentare del continente africano

CSI BULLETTIN

19 giugno 2022

a cura di Gianluca Maglione

Dopo aver sconvolto il mercato dell’energia e costretto molti Paesi a riconsiderare le proprie forniture, il conflitto russo-ucraino mette a rischio la sicurezza alimentare globale. Dall’inizio delle ostilità il commercio di cereali dal Mar Nero ha subito una drastica riduzione. L’offensiva di Mosca nel sud del Paese ha compromesso l’operatività dei maggiori porti ucraini, dai quali il paese muove il 90% delle proprie esportazioni utili a sfamare circa 400 milioni di persone nel mondo. La situazione preoccupa soprattutto quei paesi fortemente legati alle importazioni di cereali provenienti dal Mar Nero. L’Ucraina, infatti, ricopre un ruolo fondamentale nel mercato agricolo globale, posizionandosi, insieme alla Russia, tra i primi cinque esportatori mondiali di cereali.

Al momento, si stima che quasi 25 milioni di tonnellate di grano siano stipate nei silos, in attesa di partire. L’impossibilità di accedere al mare costringe Kiev a spostare ingenti quantità di merci via terra anche per assicurarsi le entrate necessarie a sostenere la resistenza. Per l’Ucraina, l’export di grano vale una cifra enorme del proprio bilancio: circa 47 miliardi di dollari all’anno. Ad aprile, Kiev è riuscita a muovere via ferro soltanto 560.000 tonnellate della propria produzione. Quantità piuttosto ridotte se si considera che negli otto mesi precedenti al conflitto le esportazioni dal Mar Nero ammontavano a ben 51 milioni di tonnellate.

Gli effetti collaterali del conflitto stanno aggravando ulteriormente la sicurezza alimentare del continente africano. Sin dalla fine del 2020, l’Africa ha dovuto fare i conti con l’impennata dei prezzi dei generi alimentari, causata da eventi climatici estremi che hanno danneggiato la produzione interna, e dalla contrazione delle catene di approvvigionamento globali dovuta alla pandemia. L’attuale quadro di instabilità incide ulteriormente sui prezzi dei cereali mettendo a rischio le condizioni di vita di milioni di persone. Basti notare che, a marzo, l’indice FAO dei prezzi dei prodotti alimentari ha segnato un aumento del 17,1% rispetto al mese precedente e addirittura del 33,6% rispetto al marzo 2021. Il contemporaneo rincaro dei prezzi dell’energia genera ulteriori pressioni sui paesi importatori per effetto dei maggiori costi di trasporto delle merci.

Secondo un report della Conferenza delle Nazioni Unite sul commercio e lo sviluppo (UNCTAD), ben venticinque Paesi africani acquistano più di un terzo del loro grano da Ucraina e Russia, mentre quindici ne importano oltre la metà. Per il World Food Programme (WFP), la regione più colpita dalle interruzioni del commercio sarà il Corno d’Africa. Paesi come Etiopia, Kenya, Somalia, Sudan e Sud Sudan, fortemente legati alle importazioni dal Mar Nero e alle prese con la peggiore siccità degli ultimi quarant’anni, rischiano di subire una pericolosa contrazione delle riserve alimentari. Osservata speciale anche l’Africa occidentale, che sconta una lenta ripresa post-pandemica in un quadro di persistente crisi economica. L’intero continente, inoltre, sconta la carenza di fertilizzanti, di cui la Russia è uno dei maggiori esportatori mondiali, necessari per la cura dei terreni agricoli. Costi maggiorati per gli agricoltori e condizioni climatiche incerte potrebbero contrarre ulteriormente i raccolti della prossima stagione.

Diverse voci si sono levate per denunciare il rischio di una crisi alimentare globale. David Beasley, Direttore Esecutivo del WFP, ha lanciato un appello per la riapertura dei porti del Mar Nero, sostenendo che un blocco prolungato degli approvvigionamenti comporterebbe il pericolo di carestie nel continente africano. Per il Segretario Generale delle Nazioni Unite, António Guterres, l’unico modo per evitare il collasso dei sistemi alimentari dei paesi in via di sviluppo è ripristinare la produzione e il commercio agricolo dell’Ucraina. Dura condanna alla Russia è stata espressa dai ministri degli esteri del G7 riuniti a Weissenhaus, in Germania, che hanno accusato Mosca di minacciare la sicurezza alimentare globale e di condurre una vera e propria guerra del grano.

Per ovviare al blocco dei porti ucraini e facilitare il flusso delle merci stipate nei silos verso l’Unione e il resto del mondo, la Commissione Europea ha lanciato il piano EU-Ukraine Solidarity Lanes. Al momento i tempi di attesa per l’ingresso dei treni nel territorio dell’Unione Europea vanno dai sedici ai trenta giorni, a causa del diverso scartamento europeo e delle ridotte capacità di trasbordo. Per accelerare le procedure di carico delle merci, la Commissione ha richiesto agli Stati confinanti maggiore flessibilità e l’incremento del personale, oltre che la messa a disposizione di veicoli, autocarri e vagoni merci aggiuntivi.

L’insicurezza alimentare preoccupa per la tenuta economica e sociale delle economie più fragili ed esposte agli shock della guerra. Nell’immediato, la possibilità di sostituire le importazioni dal Mar Nero attraverso il commercio continentale sarà limitata, poiché l’offerta di cereali è relativamente ridotta e mancano infrastrutture di trasporto adeguate. L’unica opzione percorribile, dunque, è la diversificazione dei mercati di approvvigionamento. Tuttavia, l’acquisto al di fuori della regione del Mar Nero inciderà non solo sui costi, ma anche sui tempi delle forniture. Se il blocco dei porti ucraini dovesse protasi a lungo il continente africano rischia di pagare un pesante tributo alla guerra in Europa.