Vai al contenuto

Risorse idriche e guerre del futuro: il controllo dell’acqua come casus belli?

51267299702_22c828ee01_o

27 febbraio 2023

Di Giuseppe Marcone

L’acqua dovrebbe essere un bene imprescindibile, ma una persona su quattro nel mondo non ha accesso ad acqua pulita. I miglioramenti di questi dati non sono in linea con l’SDG 6 dell’Agenda 2030 ONU e, nonostante gli sforzi della comunità internazionale in questo senso, il diritto all’acqua è oggi ancora poco sviluppato giuridicamente. Ciò è ancora più rilevante se si considera che l’acqua rappresenta anche una risorsa economica fondamentale, specialmente per il settore agricolo ed energetico, e che una sua scarsa disponibilità può causare tensioni che possono addirittura sfociare in violenza armata. Sebbene sia difficile risalire a conflitti interstatali passati scatenati esclusivamente dalla contesa di risorse idriche, i cambiamenti climatici e la crescita demografica globale potrebbero incrementare il rischio di guerre per l’acqua.

Tra gli scenari più delicati vi è indubbiamente l’attuale disputa internazionale legata alle acque del Nilo. La diga GERD (Great Ethiopian Renaissance Dam), ultimata nel 2017, è l’emblema dell’ambizione nazionale di rilancio dell’economia etiope. La mastodontica opera, costruita in Etiopia alla foce del Nilo Azzurro, è progettata per avere una capacità di generazione elettrica fino a 6450 MW e destinata a diventare la più grande centrale idroelettrica d’Africa. I paesi a valle, però, potrebbero risentire negativamente di un rapido riempimento dei bacini della diga. L’Egitto, che attinge dal Nilo Azzurro il 57% delle sue risorse idriche annuali, teme le conseguenze di una ridotta disponibilità d’acqua per il suo territorio, particolarmente arido, poiché l’economia nazionale è fortemente dipendente dal settore agricolo. Oltretutto l’Egitto ha sempre ritenuto lo sfruttamento del Nilo una prerogativa nazionale, anche in virtù di un accordo del 1929 con il Regno Unito e uno del 1959 siglato con il Sudan, l’altro paese a valle “vittima” delle ambizioni idroelettriche dell’Etiopia. 

Anche per questo Egitto e Sudan non firmarono l’accordo di Entebbe del 2010, in quanto ritenuto un tentativo di ridefinire l’allocazione delle risorse idriche del Nilo senza il loro consenso. Nonostante le diverse iniziative diplomatiche susseguitesi negli anni, come la Dichiarazione di Principi del 2015, i tre paesi non sono ancora riusciti a trovare un punto d’incontro definitivo sulla gestione della GERD. Nemmeno il tentato coinvolgimento della Banca Mondiale e del Consiglio di Sicurezza ONU ha finora impedito all’Etiopia di continuare ad agire unilateralmente, come dimostrato quest’estate dalla conclusione della terza fase di riempimento del bacino della diga. Le tensioni nella regione non sono certo mitigate dalla cooperazione militare Egitto-Sudan e, sebbene il rischio di un conflitto non sembri immediato, rimangono preoccupanti soprattutto per l’assenza di una strategia di cooperazione nel lungo periodo.

Il controllo dell’acqua è un tema chiave anche in Asia centrale, tra le ex repubbliche sovietiche. Kirghizistan e Tajikistan hanno un controllo predominante dell’acqua nella regione in quanto a monte rispetto al Syr Darya e l’Amu Darya, i maggiori affluenti della prima risorsa idrica della zona, il Lago d’Aral, a discapito dei paesi a valle, Uzbekistan e Kazakistan. Questo problema si aggravò con la dissoluzione dell’URSS e la conseguente scomparsa di una gestione unificata delle risorse idriche. Nel 1992, poiché i paesi a monte mancavano di risorse energetiche e nei paesi a valle scarseggiavano quelle idriche, venne firmato l’Accordo di Almaty tra Kazakistan, Kirghizistan, Tajikistan, Turkmenistan e Uzbekistan, affinché venisse garantito un interscambio di acqua e combustibili fossili di cui beneficiassero tutti i firmatari. Questo tentativo di impostazione centralizzata nel controllo e la distribuzione d’acqua si rivelò fallimentare: il sistema di scambio dell’accordo non soddisfaceva il fabbisogno energetico di Kirghizistan e Tajikistan, paesi ad alto consumo idrico per coltivazione di cotone e riso, che quindi cominciarono ad usare la diga per generare energia idroelettrica, sottraendo sempre maggiore acqua ai paesi a valle. 

La mancanza di coordinamento ha causato numerose tensioni negli anni, spesso sfociate in scontri violenti lungo i due maggiori affluenti del Lago d’Aral, il quale è andato prosciugandosi proprio a causa dello sfruttamento esagerato dei flussi del Syr Darya e dell’Amu Darya. Nonostante i moderati successi dei programmi attuati dall’IFAS (International Fund for Saving the Aral Sea), infatti, la negligenza degli Stati dell’Asia centrale ha generato un vero disastro ambientale. La scarsità d’acqua è tragica non solo per il settore agricolo, ma anche per l’inevitabile calo di energia idroelettrica disponibile, che nel lungo periodo potrebbe comportare la perdita di numerosi posti di lavoro e un crescente malcontento. In un contesto reso già delicato dalle dispute di frontiera, se i governi nazionali non supereranno la scarsa propensione al dialogo e non avvieranno un serio processo di cooperazione, gli atti di violenza per il controllo dell’acqua potrebbero aumentare.

L’uso strategico delle risorse idriche, inoltre, è rilevante anche nel conflitto russo-ucraino. Il Canale della Crimea Settentrionale, costruito ai tempi dell’Unione Sovietica per sopperire al clima secco nell’oblast’ di Kherson e in Crimea, rifornisce i villaggi che affacciano sul Mar d’Azov deviando il flusso del fiume Dnipro. Nel 2014, dopo l’annessione russa della Crimea, l’Ucraina bloccò i flussi del canale con il pretesto che la Russia non avesse saldato dei debiti sulla fornitura d’acqua, nonostante il gesto fosse più plausibilmente motivato da spirito di rivalsa. Poiché il canale provvedeva all’85% delle risorse idriche della regione, le conseguenze sono state devastanti per l’agricoltura, l’ambiente e soprattutto per la popolazione civile, che continua a soffrire per la siccità e i razionamenti d’acqua. La crisi umanitaria derivata dal blocco ucraino è stata sfruttata dalla Russia per contrattaccare i vicini sul piano del diritto internazionale, rivolgendosi alla CEDU, l’OHCHR, e l’OSCE per denunciare le presunte violazioni dell’Ucraina. Quest’azione si è però dimostrata infruttuosa: innanzitutto perché il blocco non impedisce alla popolazione di avere acqua sufficiente per la propria sopravvivenza; ma anche perché, a livello giuridico, la posizione russa è interpretabile come quella di potenza occupante con controllo effettivo sul territorio, dunque responsabile dell’approvvigionamento idrico della zona ai sensi della IV convenzione di Ginevra. Non stupisce quindi come una delle prime azioni di guerra russe dopo l’invasione del 24 febbraio sia stata la conquista del canale per il ripristino dei flussi d’acqua in Crimea. Sia la conquista del canale che la contestatissima annessione dei territori del Donetsk, Lugansk, Kherson e Zaporizhzhia assicurano alla Russia un maggiore controllo sui flussi del Dnipro, in un conflitto dove l’utilizzo strategico dell’acqua promette di restare fondamentale.

Questi sono solo alcuni degli scenari dove l’acqua riveste un ruolo strategico fondamentale. La sempre minore disponibilità d’acqua, dovuta alla crescita della popolazione mondiale e all’impatto dei cambiamenti climatici, potrebbe far moltiplicare questi conflitti. Le guerre per l’acqua, però, non convengono a nessuno, poiché gli accordi transfrontalieri di gestione delle risorse idriche sono più sensati sia dal punto di vista umanitario che da quello economico. Le politiche dell’acqua dei prossimi anni saranno dunque decisive: una migliore cooperazione tra le nazioni sarà necessaria per una gestione proficua e sostenibile di questa preziosa risorsa condivisa.


Bibliografia

Caruso, Francesca, Ethiopia’s Grand Renaissance Dam. The Law, History, Politics and Geopolitics behind Africa’s Largest Hydropower Project, Istituto Affari Internazionali, 31 ottobre 2022, da: https://www.iai.it/en/pubblicazioni/ethiopias-grand-renaissance-dam

Water, Peace and Security Report, Conficts over water and water infrastructure at the Tajik-Kyrgyz border – A looming threat for Central Asia?, 2021, da: https://waterpeacesecurity.org/files/68

Pisillo Mazzeschi, Riccardo, Il contenzioso tra Ucraina e Federazione russa davanti alla Corte europea dei diritti dell’uomo Freedom, Security & Justice: European Legal Studies, 2022, n.2, da: http://elea.unisa.it/bitstream/handle/10556/6196/FSJ.2.2022.4.PISILLO-MAZZESCHI.pdf?sequence=1&isAllowed=y