Il ritorno di Lula e la campagna elettorale in Brasile
8 Dicembre 2022
Di Francesco Rojch
Luiz Inácio Lula da Silva vince il ballottaggio ed è per la terza volta il Presidente del Brasile. Domenica 30 ottobre il Paese sudamericano ha scelto l’ex sindacalista settantasettenne contro il Presidente uscente Jair Messias Bolsonaro. I toni della campagna elettorale tra i due sfidanti sono stati fin da subito molto accesi: Lula è uscito dal carcere dopo una condanna per corruzione poi annullata; i sondaggi ad agosto, periodo in cui è iniziata la campagna elettorale, davano Bolsonaro sotto di 15 punti. Nell’opinione pubblica brasiliana si temeva che il presidente uscente non avrebbe mai accettato la sconfitta mettendo a dura prova il sistema democratico del Paese. La campagna elettorale tra Lula e Bolsonaro, ha detto ad Al Jazeera l’analista politico brasiliano Adriano Laureno, è «la più polarizzata dal ritorno della democrazia in Brasile».
Le elezioni prevedevano anche la formazione della Camera e del Senato ma l’opinione pubblica si è maggiormente concentrata sulle elezioni presidenziali. La tornata elettorale si è tenuta in un Paese diviso e fortemente vessato dalla crisi economica, acuita dalla pandemia. Lula è stato il fondatore del Partito dei Lavoratori, il principale partito di sinistra del Brasile, oltre ad essere stato presidente tra il 2003 e il 2010. Perse i suoi diritti politici a causa di una condanna per corruzione che nel 2017 è stata annullata dalla Corte suprema brasiliana, poiché il giudice che lo ha condannato è risultato non essere imparziale.
Lula è grande tifoso del Corinthias, squadra di calcio in cui figurava Sócrates e dove nacque l’esperimento della Democrazia Corinthiana: agli inizi degli anni ottanta, dopo la dittatura militare, i giocatori del Corinthias, rappresentati da Sócrates, spiegarono tutto quello che secondo loro non andava nel club. Da lì in poi la squadra prese l’abitudine di discutere di qualsiasi cosa nelle assemblee, e tutto veniva messo ai voti: dall’acquisto di un nuovo giocatore alla durata dei ritiri prima delle partite, fino alle percentuali di compensi, premi e incassi partita. La squadra iniziò a vincere e nell’82 scese in campo con una scritta sulle maglie che diceva «Vota il 15», invitando al voto i brasiliani nelle prime elezioni legislative sotto la dittatura. Questo ci aiuta a capire anche dove affondano le radici del credo politico di Luiz Inácio Lula da Silva.
In Brasile tutto è calcio e questo lo ha ben capito anche Jair Messias Bolsonaro che, durante la campagna elettorale, ha baciato le maglie di Palmeiras e Flamengo e invitato i cittadini ad andare a votare con la maglia verdeoro della Seleçao. Il presidente uscente ha avuto l’endorsement di molte stelle del calcio brasiliano, da Ronaldinho a Kakà, passando da Rivaldo e Romario (quest’ultimo con un passato nel Partito Socialista, adesso senatore con il Partito Liberale di Bolsonaro); i motivi sono diversi e profondi, e non è un caso che il presidente abbia tentato di monopolizzare (con discreto successo) il discorso calcistico, di sovrapporre la sua immagine a quella della Nazionale brasiliana.
Quindi, la narrazione della campagna elettorale dei due sfidanti è coincisa con il tifo calcistico. Infatti, le zone in cui hanno raccolto più voti coincide con la divisione calcistica del Paese: Bolsonaro ha vinto negli stati di Rio de Janeiro, Sao Paulo, Mato Grosso e la parte Nord-Ovest del Paese, quella a maggiore prevalenza borghese e ceto industriale, mentre Lula ha fatto il pieno dei voti nel Nord-Est oltre le Amazonas, Pernambuco e soprattutto lo stato termometro politico del Brasile Minais Gerais la cui capitale è Belo Horizonte. Il secondo Stato più grande del Paese con 21 milioni di abitanti. «È uno Stato che rappresenta le caratteristiche del Brasile» spiega Roberto Andrés, urbanista presso la Universidade Federal de Minas Gerais. La sua economia, 9% del Pil nazionale, riflette la diversità del Brasile: «Il Nord povero è simile agli Stati del Nord-Est, il Sud – con zone industriali e piccoli centri – simile all’interno di San Paolo e Rio de Janeiro, nella zona occidentale, il triangolo mineiro, è forte l’agroalimentare, le grandi imprese degli alimenti e del caffè, come nel Centro-Ovest del Brasile».
Dopo l’esito del voto i camionisti, una delle categorie che ha maggiormente sostenuto Bolsonaro, hanno bloccato le strade in segno di protesta per l’esito elettorale. In generale, Bolsonaro ha beneficiato di un ampio consenso da parte di tutta la categoria degli autotrasportatori e dei tassisti, considerata decisiva per la sua rimonta nei consensi degli ultimi mesi (il consenso degli autotrasportatori è stato consolidato con una attiva politica di finanziamento pubblico, in cui sono stati erogati contributi una tantum a fondo perduto per rispondere all’aumento del prezzo dei carburanti).
A Betim nel sud di Belo Horizonte, dove Lula e Bolsonaro al primo turno sono arrivati entrambi al 45%, i lavoratori hanno denunciato i datori perché li hanno obbligati ad assistere al comizio di un deputato bolsonarista nella fabbrica, indossando le magliette verdeoro. A tutti è stato promesso anche un prosciutto in cambio del voto. Nel Minas Gerais si è registrato il record di denunce di “assédio eleitoral“, di minacce alla liberta del voto. Questa è stata l’azione di Bolsonaro anche dopo la vittoria del suo sfidante, infatti il primo novembre ha commentato l’esito in un discorso pubblico fatto al Palácio da Alvorada, la residenza presidenziale, senza nominare Lula né congratularsi con lui, senza fare nessuna concessione formale alla sua vittoria. Ha tuttavia autorizzato il suo capo di gabinetto ad avviare il trasferimento dei poteri nei confronti di Lula, segno di accettazione del risultato elettorale.